Debito e liquidità, prevenire la crisi: come evitare l'effetto neve?

2022-06-11 01:28:00 By : Ms. Felicia Ye

Se utilizzato nel modo scorretto, il denaro a debito è come un’abbondante nevicata: tutto si copre di bianco e le tensioni finanziarie sembrano magicamente sparire. Ma quando il sole scioglie i fiocchi, i problemi tornano anche più grandi di prima. Ecco gli errori da non fare

Co-founder ed executive partner di inFinance

Il debito è una meravigliosa “macchina del tempo” aziendale. Che cosa significa? Proviamo a spiegarci con un semplice esempio: si immagini un’impresa che ha bisogno di un macchinario per realizzare il proprio percorso di crescita aziendale. L’impresa si rende conto che il macchinario, ovvero il denaro, la liquidità, aumenterebbe la propria redditività e i propri flussi di cassa, tuttavia, non disponendo delle risorse per comprare il macchinario medesimo l’azienda entra in una sorta di loop quale quello che segue: “se avessi il macchinario potrei produrre i flussi di cassa sufficienti per ripagarlo ma senza macchinario non posso produrre i flussi e quindi nemmeno pagarlo”.

Come avrete facilmente intuito sarà proprio il debito e, quindi, la banca a dover scardinare il loop in cui l’azienda è entrata. Il ruolo del debito, infatti, è quello di anticipare ad oggi quello che l’azienda produrrà domani consentendole di acquistare proprio quel macchinario che le farà produrre i flussi cassa per rimborsare il debito.

Quanto esposto sinora viene chiamato in termini tecnici il “processo di trasformazione delle scadenze” che costituisce il cuore del ruolo della banca dell’economia.

La meravigliosa macchina del tempo appena descritta, tuttavia, può essere utilizzata dalle imprese in maniera distorta. Se ci pensiamo, così come attraverso il debito è possibile anticipare oggi ciò che si produrrà domani per goderne immediatamente, è altresì possibile rimandare al futuro tensioni di liquidità presenti.

Immaginate che un’impresa abbia problemi di liquidità e che per le scadenze a venire necessiti di 100.000 euro a fine mese. Un direttore finanziario o un imprenditore poco avveduto potrebbero provare a risolvere la situazione accendendo un finanziamento di 200.000 euro (in tal modo anche il prossimo fine mese viene messo in sicurezza) sperando che la situazione aziendale si “raddrizzi”.

Come ha utilizzato tale impresa la “macchina del tempo” del debito?

Certamente non in maniera corretta. In tal modo, piuttosto che risolvere i problemi si è provveduto a rimandarli al futuro. Il denaro, infatti, così come anticipa i flussi finanziari futuri, può essere utilizzato per posticipare i problemi. È un utilizzo distorto del debito e, in realtà, comunissimo fra le imprese. Abbiamo denominato tale effetto snow effect o effetto neve del debito.

Il denaro a debito, utilizzato male, rappresenta in azienda ciò che succede in natura con una abbondante nevicata. Tutto si copre di bianco e tutte le tensioni finanziarie magicamente spariscono. Il telefono smette di squillare per solleciti e si “guadagna” tempo. Tuttavia, la neve ha un grosso limite: prima o poi si scioglie. Se i problemi che avevano creato la tensione finanziaria non saranno tempestivamente risolti, una volta sciolta la neve, si ripresenteranno e, di solito, con dimensioni nel frattempo magnificatesi. Il tempo in realtà non è stato guadagnato, ma è stato comprato a caro prezzo. Il tempo comprato attraverso il debito è, infatti, una “merce” molto costosa.

Quanto abbiamo sinora descritto è la rappresentazione plastica della genesi della crisi d’impresa. Molti imprenditori, purtroppo, non hanno a loro disposizione gli strumenti gestionali per rilevare le prime avvisaglie di tensione né tantomeno per capirne la genesi.

Riesaminiamo la tensione di liquidità da 100.000 € vista in precedenza con la lente dell’analisi finanziaria.

Immaginiamo che la tensione sia dovuta ad un pagamento molto importante ad un fornitore che fornisce materia prima strategica. In questo primo caso la tensione di liquidità potrebbe essere “buona” in quanto l’impresa sta facendo incetta di merce magari per far fronte alle richieste di un nuovo cliente che impone di tenere a sua disposizione prodotto finito in attesa che venga ritirato dal medesimo. Il nuovo cliente ha di fatto costretto l’impresa a “fargli da magazzino” con conseguente “emorragia di liquidità” ma l’investimento può rivelarsi redditizio se il prezzo è stato ben quotato. Ciò che è mancata è stata una buona pianificazione finanziaria che prevedesse simili esigenze preparandosi per tempo.

Immaginiamo ora, invece, che la tensione da 100.000 € sia figlia di costi fissi non coperti dalla marginalità aziendale a causa del rallentamento degli affari o dell’esacerbarsi della concorrenza. L’analisi finanziaria coglierebbe uno scostamento dal livello di vendite di pareggio (o di break even point) attivando gli allarmi necessari a correre a soluzioni di riparo quali l’immediata riduzione dei costi fissi (tagli del personale, chiusura di contratti di affitto ecc.) e il recupero di marginalità e volumi ripensando la strategia di prodotto e processo.

Capiamo immediatamente come i presidi di controllo delle performances di bilancio nonché gli strumenti di pianificazione finanziaria diventino di fondamentale importanza.

L’importanza è tale che addirittura tali strumenti sono divenuti obblighi normativi.

Il codice della crisi e dell’insolvenza di prossima introduzione ha portato con sé grandi novità. In particolare, la riscrittura dell’art. 2086 del codice civile che impone a qualsiasi imprenditore: “che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

A quanto sopra si è accompagnata anche l’introduzione dell’art. 3 del medesimo codice che prevede che: “L’imprenditore deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte” nonché: “verificare la non sostenibilità dei debiti e l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i dodici mesi successivi e i segnali di allarme”.

Fra le novità più importanti del medesimo codice appare anche un segnale di allarme che interessa proprio la gestione del debito e i rapporti con le banche; al comma 4 dell’articolo 3 appare infatti il seguente segnale che costituisce early warning (allerta precoce) per la crisi di impresa: “l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni”.

Se ne deduce che essere in ritardo per più di 2 mesi nei pagamenti alle banche costituisce un elemento di crisi conclamata.

Quanto abbiamo riportato sinora ci porta, quindi, in una nuova dimensione della prevenzione della crisi. Abbiamo compreso come sia fondamentale anzitutto comprendere le cause delle tensioni finanziarie attraverso strumenti di controllo di gestione adeguati ma soprattutto abbiamo compreso come rimandare i problemi non aiuti a risolverli.

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