Funtana Raminosa, una delle miniere meglio conservate, da visitare in territorio di Gadoni - Sardegna Reporter

2022-04-26 08:22:43 By : Ms. Lily Wang

Tra la fitta vegetazione, in territorio di Gadoni, si cela uno dei più importanti e ricchi giacimenti di rame in Europa.  Il magnifico sito di archeologia industriale, in perfetto stato di conservazione, rientra tra le otto aree che compongono il parco geominerario della Sardegna, classificato tra i migliori Geoparchi dell’Unesco.

L’estrazione dei minerali di rame a Funtana Raminosa – questo il nome dell’importante sito archeologico-industriale – risale all’epoca nuragica e probabilmente è proseguita fino al periodo della dominazione Romana.

Sono state trovate numerose tracce risalenti all’epoca nuragica, consistenti in attrezzi in pietra, adibiti allo scavo dei minerali e altri utensili adatti alla loro frantumazione, oltre ad una piccola mole di resti di fusione.

Inoltre in un pozzetto furono trovati dei resti di un minatore, di tale epoca, travolto da una frana.

Molto probabile che piccole coltivazioni venissero effettuate anche in epoche successive a quella romana, in quanto in vari cantieri come S.Sofia, Cantiere Romano, S. Giuseppe e Is Putzus, sono ancora visibili le tracce dei cosiddetti “scavi antichi”, consistenti in escavazioni a cielo aperto e tortuosi pozzetti o gallerie.

Verso la fine del 1800 con i primi permessi i ricercatori scoprirono segni di un’antica attività estrattiva, che in base a dei reperti ritrovati, risalenti all’età nuragica, secondo recenti analisi effettuate da F. Vodret eseguite su diversi bronzetti nuragici, in base ala presenza del piombo e zinco portò a ritenere che il rame usato provenisse da Funtana Raminosa. Infatti la lega dei bronzetti è composta dal 95 – 85% di rame e dal 5 – 15% di stagno o arsenico.

Lo sfruttamento del rame proseguì con i Fenici, dato che vennero trovate stoviglie e cocci risalenti a quell’epoca, come accertato e confermato dal Prof. Taramelli.

L’area fu frequentata forse anche dai saraceni, nell’VIII secolo, lo confermerebbe il nome del rio Saraxinus, affluente del Flumendosa, sulla cui riva sinistra, in una profonda e rigogliosa vallata, sorge lo stabilimento minerario.

La miniera di Funtana Raminosa, situata nelle rive del torrente Saraxinus è tutta da scoprire per le sue origini antichissime.

Un museo a cielo aperto e in sotterraneo, visitabile su prenotazione, con macchinari funzionanti, all’epoca all’avanguardia e attualmente in ottimo stato di conservazione. Il ‘pozzo di rame’ si distende su una superficie di circa 150 chilometri quadrati e dista dieci chilometri da Gadoni, borgo di montagna immerso nella Barbagia di Belvì, di cui rappresenta storia, economia e identità.

I lavori di perlustrazione del sottosuolo vennero approfonditi nel 1882 da Vincenzo Ridi: fu il primo ricercatore che adottò, in questa miniera, moderni lavori di esplorazione.

La vera scoperta di un ricco giacimento si deve però agli ingegneri Emilio Jacob e Luigi Sanna Manunta. Quando, nel 1913, la miniera passò all’avvocato Paolo Guinebertière che negli anni seguenti fondò la Societè Anonyme des Mines de de Sardaigne, con sede a Nantes (Francia).

All’epoca furono costruiti numerosi edifici ed una piccola laveria meccanica capace di trattare 30 tonnellate al giorno con sperimentazione del primo impianto in Italia a flottazione mista per la separazione di 4 minerali: calcopirite, pirite, blenda e galena.

La Società nel 1924 cambiò nome in Societè Anonyme Des Mines De Couvre De Sardaigne, sempre con sede a Nantes, amministrata da Paolo Guinebertière, e gestita dai direttori ing. Guido Sanna e ing. Antonio Porcu. La Società chiuse nel 1936, e fu rilevata dalla Società Anonima Funtana Raminosa , con sede a Milano, iniziando la costruzione del villaggio e ampliando gli impianti di frantumazione, flottazione e laveria, che operò fino al 1939.

Dal 1940 al 1946 la minierà fu assorbita dalla Società Anonima Cogne Raminosa, con sede a Torino.

Dopo inattività di alcuni anni per frane, crolli e allagamenti, vennero costruite una cabina elettrica di 1000 Kw con alternatore a motore diesel per l’alimentazione elettrica degli impianti del villaggio e completato un impianto di flottazione alimentato da un bacino costruito appositamente sul Rio Cumidai. Si costruì una teleferica lunga oltre 1000 metri, la ferrovia Decauville di 1400 mt. che trasportavano il materiale fino al piazzale di raccolta, situato in Taccu Zippiri, da cui partivano gli autocarri per Funtana Raminosa, S. Sofia, S. Eugenio, Fenice, verso gli altri cantieri Su Fruscu, Addiscazzu, Su Nusai, Saulzunui, S. Giuseppe, San Gabriele, Pozzo Yvonne (per l’eduzione di acque).

Un’enorme sala compressori, che generavano l’aria compressa per il funzionamento delle perforatrici, completò l’opera, prima della liquidazione della società, che entrò in crisi a causa della seconda guerra mondiale.

Dopo il conflitto mondiale, la minierò fu gestita dalla quinta società Società Mineraria Gadoni, con sede a Cagliari, diretta da Romano Coda Zambena.

La Società Cuprifera Sarda dal 1952, fino al 1975 di proprietà Mangiarotti, prese in carico la minierà, e incrementò la coltivazione dei minerali, esportando considerevoli quantità in Germania, che rimandava in Italia barre di rame e lingotti d’argento.

A seguire altre Società, tra cui la Società Ammi Sarda, la Società Samim Spa a partecipazione statale, la quale gestiva la maggior parte delle minere in Sardegna e la Società Sim Spa, le quali non ebbero grandi profitti, dato che le quotazioni dei minerali sul mercato subivano un abbassamento di valore, rendendo antieconomica la lavorazione. Molti operai vennero messi in cassa integrazione, altri trasferiti nelle miniere di Iglesias, i restanti vennero impiegati per mettere in sicurezza i cantieri, le gallerie , fino all’arrivo della mobilità per tutto il personale e alla chiusura definitiva della miniera nel 1994.

Dal 1995 al 2000 la società A.C.S. (Advance Composited Sardegna) Funtana Raminosa cercò di produrre Vetroresina, (canoe), fibre di carbonio(scocche di auto di formula 1), scalette e stendini, ma fallì nel giro di 5 anni.

La proprietà della miniera è attualmente dell’IGEA Spa, controllata dalla Regione Sardegna e parte del Sito anche del Comune di Gadoni, che portano avanti attività turistiche culturali con un processo di recupero e valorizzazione delle strutture minerarie consentendo di riscoprire l’intero patrimonio di archeologia industriale nei suoi angoli più suggestivi, con visite guidate nelle antiche gallerie e nelle sale motori e lavorazione, in parte ancora funzionanti, dato il perfetto stato di conservazione.

Le guide che accompagnano i visitatori sono in parte ex minatori, che hanno lavorato nella miniera e che hanno fondato nel 2005 l’Associazione Culturale CUPRUM, con l’obbiettivo di collaborare con gli Enti preposti alla conservazione  e alla valorizzazione, anche per finalità sociali e produttive del Parco Geominerario Storico di Funtana Raminosa, favorire la nascita e lo sviluppo del Museo Etnografico -Geominerario Storico Ambientale e non solo, come appare nel loro statuto http://www.visitgadoni.info/Cuprum.htm –

La visita del 7/11 a numero limitato di 15 persone per gruppo, guidata dagli ex minatori e soci della Cooperativa Franco Moro e Iginio Campus, attuale vice sindaco di Gadoni nel primo gruppo – Antonio Venier, assessore del comune di Gadoni, Antonello Moi e Luca Pilia nel secondo, si è svolta in un percorso di circa 4 km, per una durata di 3 ore, iniziata dopo la vestizione della cuffia e del casco protettivo nella sala bigliettera. Nello stesso locale, si vedono elmetti di varie epoche, indumenti protettivi, banchi da lavoro e un bellissimo proiettore che si usava per il cinema del villaggio. Molto interessante nella sala adiacente due enormi compressori bicicilindrici dei primi del 900 Atlas Copco, e Mattei, messi in funzione per l’occasione, con trasmissione a cinghia, alimentati dall’energia idroelettrica. All’interno degli accessi Brebegargius e Romana, i soci della cooperativa narravano la storia della miniera, emozionandosi ogni qualvolta si parlava dei loro parenti antenati per il tipo di lavoro che svolgevano in condizioni durissime. Il piano inclinato, la laveria, con il frantoio perfettamente funzionante, i percorsi all’aperto di collegamento con le altre gallerie, i binari ferroviari, i treni per i trasporto dei materiali e mezzi motorizati diesel Toro e Tamrock, pale meccaniche e utensili vari, fanno parte del ricco patrimonio da visitare. All’interno delle miniere, perforatori, enormi macchine per l’estrazione, banchi da lavoro, detonatori. Si vedono le armature delle gallerie in legno o acciaio, i pozzetti di collegamento tra i piani per emergenza, pareti multicolori con i minerali dai forti colori azzurro, verde, arancio, oro, illuminate dalle lampade in dotazione ai partecipanti, che ricreavano l’atmosfera dell’ambiente di lavoro. In perfetto stato anche i cancelli delle galleria Forgia e Fenice, da dove usciva un’aria freddissima, rispetto ai 18 gradi delle altre gallerie.

Il percorso si concludeva nella laveria, dove i materiali , acquisiti con un nastro trasportatore venivano puliti con gli acidi e separati nelle enormi vasche per flottazione, macinati nel frantoio rotativo, che messo in funzione faceva un fortissimo rumore, raggiungendo molti decibel.

Una visita interessantissima, che valorizza il patrimonio di archeologia industriale di Gadoni, di una delle minera più complete e meglio conservate della Sardegna.

Trattamento nelle fasi della lavorazione -: l’attuale impianto è costituito da una sezione di frantumazione a secco della potenza di 10 t/d, da una sezione di macinazione con mulino a sfere Harding da 100 cv, da un impianto di flottazione differenziale da 220 t/d, da una sezione di filtrazione e da una stazione di pompaggio sterili totali e relativo bacino di decantazione.

Frantumazione – Il grezzo trasportato al silo dell’impianto di frantumazione risulta in pezzatura di 200-500 mm. La riduzione primaria a secco avviene tramite frantumatore Magutt 600, quella secondaria con un Symon-Cone da 3″ – Il tout-venan così granulato, viene depositato in un nastro brandeggiabile Mangiarotti nei due sili in testa ai mulini.

Macinazione – I due mulini biconici Harding 7″x36″ a sfere da 100 cv, costituiscono la principale strozzatura di tutto l’impianto di trattamento. Detti mulini sono disposti in parallelo per un unico stadio di comunicazione. La dimensione di separazione limite, per l’80% del prodotto è intorno a 150-200 mesh.

Flottazione – La flottazione differenziale dei tre solfuri avviene in tre fasi distinte: 1) flottato sgrezzato di calcopirite e galena su 17 beelle (mm.1250) – 2) recupero blenda ed eliminazione sterili su 11 celle (7mm e 4 Fager -green) – 3) separazione calcopirite/galena su 13 celle (9 Magutt 800 e 4 Magutt 600).

Filtrazione – Questo reparto consiste in tre film a tamburo Dorr-Oliver (uno per ogni prodotto) della potenza di 3 cv ognuno, dalla capacità complessiva di 30 t/d.

Il vice sindaco Iginio Campus ricorda che durante la prossima manifestazione di Autunno in barbagia -Prendas de Jerru – di sabato 4 e domenica 5 dicembre 2021, la miniera verrà aperta al pubblico, con visite guidate, previa prenotazione all’infopoint nel centro di Gadoni, da dove partiranno le navette a orari prestabiliti. – infopoint Gadoni 370 159 2410

Fonte IGEA www.igeaspa.it

SIM Spa Società Italiana Miniere

Associazione Culturale Cuprum www.visitgadoni.info