L'assedio nelle guerre antiche e moderne - Focus.it

2022-05-14 20:36:01 By : Ms. nulla Ya

L'assedio e la psicologia dell'assedio nelle guerre, dall'antichità ai tempi moderni: strategie e tecnologie di aggressori e difensori.

La storia dell'uomo e dei suoi conflitti è stata anche la storia di grandi assedi. Ciò che oggi accade nelle città ucraine circondate dagli aggressori russi, bombardate e ridotte allo stremo, è una tappa di un cammino di violenza cominciato agli albori dell'umanità: assediati e assedianti, aggressori e aggrediti, architetti che elevavano mura e ingegneri che costruivano macchine per sfondarle... Ecco gli assedi che hanno lasciato un segno nella Storia.

L'assedio di Costantinopoli. «Le mura di Costantinopoli erano sviluppate in altezza, per resistere alla scalata. Le torri di guardia erano ancora più elevate, per dominare la campagna circostante. Ma tutto ciò era anche pateticamente vulnerabile alle palle di cannone, che scrosciavano martellandole alla base». Fu così, come riportava lo storico Michael Howard (scomparso nel 2019), che Costantinopoli nel 1453 cadde, dopo aver resistito per più di sette secoli all'assalto dell'Islam. Un assedio storico: la prima battaglia di portata politica mondiale, importante dal punto di vista militare perché vide per la prima volta l'impiego in grande stile delle artiglierie - fuse per l'occasione da un esperto ungherese.

La muraglia di Scipione. La tradizione ci tramanda la fama leggendaria degli antichi Assiri come costruttori di complesse gallerie sotterranee: rinforzate come fossero tunnel minerari, permetteva loro di arrivare alle fondamenta delle fortificazioni nemiche e distruggerle. Lo stesso Alessandro Magno, volendo espugnare la città di Tiro nel 332 a.C., costruì addirittura una diga lunga 600 metri per superare il braccio di mare che separava la città dalla terraferma. Dovette prima piantare sul fondo marino una duplice fila di pali, e poi riempirla accumulando alberi provenienti dal Libano e pietre ricavate dalle vicine rovine. Il tutto sotto il sabotaggio di nemici esperti subacquei, che si immergevano fino all'ossatura della diga e, armati di scure, ne abbattevano i pali.

E che dire della colossale impresa di Scipione Emiliano che, deciso a espugnare la fortezza iberica di Numanzia, nel 133 a.C., decise di circondare l'intera cittadella con un larghissimo muro d'assedio? I Romani la chiamavano tattica della "circumvallatio": tagliar fuori la città assediata dal mondo esterno tramite una muraglia, e così costringerla alla resa per fame. Ma a Numanzia l'eccezionale estensione del terreno sembrava renderla inapplicabile. Scipione non si scoraggiò: allestì un gigantesco cantiere di diecimila soldati romani e cinquantamila ausiliari; soltanto per alloggiare le riserve, dovette costruire sette campi militari. Costruì la sua muraglia, lunga 9 chilometri, larga 4 metri alla base e alta più di 3 metri. La munì di scalinate sulla parte esterna, nonché di gigantesche torri d'osservazione costruite in legno. E alla fine prese Numanzia.  

L'assedio è anche una questione di nervi , e la componente psicologica, nel corso di un assedio, ha sempre assunto aspetti rilevanti.

L'ossessione delle spie. È la tipica sindrome da assedio, una paranoia collettiva che si sviluppa seconda un copione ben definito: nella città minacciata, chiunque può assumere il volto del nemico, e quindi essere denunciato o addirittura sommariamente giustiziato. Durante l'assedio di Vienna da parte dei turchi, nel 1683, l'isterismo dello spionaggio prese di mira addirittura i più piccoli, bambini e ragazzi. Erano loro, infatti, che durante il giorno sgattaiolavano oltre le linee attratti dall'aspetto esotico e pittoresco dell'accampamento turco, dove a volte riuscivano a mendicare qualche pagnotta. La popolazione li accusò di passare informazioni al nemico, e giunse a decapitare un garzone di 15 anni sorpreso al rientro da una uscita oltre le mura.

La noia e l'attesa. Il secondo grande nemico di assedianti e assediati è il tedio, la noia delle interminabili giornate in attesa di una sortita o dell'attacco decisivo. Sotto le mura di Troia, gli achei per distrarsi organizzavano i giochi atletici; i turchi sotto Vienna si davano a bagordi e gozzoviglie; i parigini accerchiati nel 1870 dai prussiani, all'alcol. Non c'è da stupirsi se anche i bombardamenti e le sortite venivano trasformati in spettacolo, come durante l'assedio di Venezia da parte degli austriaci, nel 1849, quando gli abitanti salivano sui campanili più alti per osservare da lontano le truppe che difendevano il forte di Marghera.

Bombardamenti psicologici. Negli assedi non vince soltanto la forza, vince anche il morale. Attaccanti e difensori lo hanno sempre saputo, e non hanno risparmiato i colpi della guerra psicologica contro il nemico. Come i camioncini muniti di altoparlante davanti alla fortezza dell'Alcazar occupata dai franchisti assetati (nel corso della guerra civile di Spagna, 1936-1939), che li invitavano ad arrendersi per andare a bere un boccale di birra fresca. Gli abitanti di Tiro, assediata da Alessandro Magno, invece, convinti di essere imprendibili, ostentavano dall'alto delle mura l'esecuzione crudele dei prigionieri di guerra macedoni, davanti agli occhi dei loro commilitoni.

Arieti e testuggini. Gli sviluppi di quella che i greci battezzarono poliorcètica (l'arte di espugnare una città) hanno finito per influenzare profondamente il progresso tecnologico degli armamenti, anche se, fino all'avvento delle armi da fuoco, gli assalti contro mura e castelli sono stati condotti con armi relativamente semplici: soprattutto arieti e catapulte.

Chiamato anche "gatto" o "montone", l'ariete era una grossa trave di legno, terminante con una testa metallica. Inizialmente sorretto a forza di braccia, fu in seguito montato su carri protetti e gru, per facilitarne il movimento pendolare e quindi la forza di sfondamento. All'epoca romana gli arieti erano affiancati da formazioni di fanteria "a testuggine", cioè con gli scudi sollevati sul capo degli attaccanti, mentre le prime file e quelle laterali li tenevano in posizione verticale, così da assicurare una copertura uniforme. I soldati camminavano curvi, per far scivolare sugli scudi le frecce, le lance o i massi scagliati dal nemico.

Nel Medioevo la testuggine divenne un'arma vera e propria: si trattava di una struttura in legno su ruote, per dare riparo agli attaccanti. Nel Rinascimento questo stesso termine designò un tipo di petardo di polvere nera, che andava piazzato nell'intercapedine realizzata tra un ponte levatoio e la porta di un castello. Il suo scoppio provocava il contemporaneo, totale cedimento del ponte e della porta.

La micidiale catapulta. Le catapulte, invece, trovarono ampia applicazione fino al Quattrocento, scalzate poi soltanto dall'impiego dei cannoncini. In età feudale la loro efficacia venne accresciuta grazie a robusti telai su ruote. All'intelaiatura portante e a quella verticale dell'arco era fissata una forte matassa di corda ritorta, collegata a un braccio di legno terminante con un cucchiaio, nel quale si deponeva il proiettile. Il peso di quest'ultimo e la portata dell'arma erano proporzionali alla capacità di torsione della corda che faceva scattare in aria il braccio di lancio.

Le catapulte eseguivano un tiro curvo, mentre per scagliare proiettili o dardi a tiro teso veniva impiegata la "balista", paragonabile a una sorta di grossa balestra. Gli assedianti usavano talvolta anche proiettili incendiari per costringere i nemici alla resa, mentre dagli spalti delle fortificazioni testuggini e arieti venivano fermati con il lancio di olio bollente e di frecce.

Torri e castelli. Per chi si difendeva, però, la sicurezza era affidata alla saldezza strutturale e alla disposizione geografica delle proprie fortificazioni. La storia delle fortificazioni permanenti inizia con le mura che Roma costruì nei secoli VIII e VI a.C.: erano dotate di parapetti merlati, fossati esterni, torri e salienti per colpire il nemico sul fianco. Funzioni strategiche importanti ebbero il Vallo di Adriano (85 d.C.) e la Grande Muraglia cinese: cominciata nel 244 a.C., nel VII secolo già misurava 2.500 chilometri.

Dopo l'anno Mille il frazionamento del potere tra feudatari, signorie e repubbliche vide un proliferare di fortificazioni diverse. Ma la forma più diffusa fu il castello, perno e segno dell'organizzazione feudale. Nel XII e XIII secolo si assiste a un progressivo miglioramento delle opere difensive, specie con l'adozione di torri (realizzate dalle famiglie più ricche) e del mastio (o cassero), punto fortificato per fungere da estremo ridotto, nel caso le cinte esterne venissero espugnate. Dalle Crociate in poi i muri raggiungono spessori di tre e più metri.

Arriva il cannone. Una notevole svolta, sia nelle opere difensive sia in quelle offensive, si determina però con l'avvento delle armi da fuoco, databile in Italia attorno al 1326. Negli assedi sono infatti le bombarde a influenzare l'andamento delle operazioni: tocca infatti alle artiglierie diroccare e distruggere il potere difensivo delle mura e dei ridotti, a loro volta protetti da altre bocche da fuoco. I primi cannoni furono gettati in bronzo o ferro, come le campane.

Poi si realizzarono in un unico blocco, ottenendo l'anima con l'uso di trapani. I proiettili erano inizialmente di pietra, piombo, ferro o bronzo. Il caricamento avveniva dalla bocca. Soltanto nell'Ottocento si giungerà alla retrocarica. Per rispondere alla sfida delle artiglierie, comunque, l'ingegneria militare si affina sempre di più, con opere di notevole complessità realizzate in età rinascimentale. Nel Cinquecento nascono così le cinte bastionate, e va affermandosi in tutta Europa una vera e propria scuola di ingegneri e architetti di straordinario valore, come Francesco di Giorgio Martini, Antonio da Sangallo, Michelangelo Buonarroti, Michele Sanmicheli.

Dall'assedio alla guerra di movimento. La storia dei grandi assedi comincia a impoverirsi nel '600 e '700, a causa dello sviluppo delle armi da fuoco. Inoltre, la nascita dei grandi eserciti nazionali rende il ricorso all'assedio sempre meno utile per la conduzione delle operazioni belliche. Ormai era la guerra di movimento, con i suoi tempi rapidi, ad attrarre gli Stati maggiori e i condottieri.

Nessuna grande potenza rinunciò però all'uso delle fortificazioni, attraverso opere sia permanenti sia provvisorie, campali, per procurare alle truppe una protezione più duttile ed elastica. Le artiglierie da fortezza conobbero un notevole sviluppo nell'800, giungendo a calibri (calibro è il diametro della parte interna di una bocca da fuoco) molto elevati, compresi tra i 100 e i 400 millimetri.

D'altra parte gli assedianti potevano usare per il tiro indiretto (cioè per fare cadere cariche esplosive all'interno della fortezza assediata) obici e mortai di pari potenza. Nel 1914, allo scoppio della Prima guerra mondiale, nessuna delle nazioni belligeranti si presentava priva di linee fortificate, o comunque di forti, tant'è che, specie nelle zone montane o collinari, gli assedi tornarono improvvisamente di moda, come logica conseguenza della guerra di posizione.

Addio muraglie. Fu durante quella guerra, però, che la caduta dei forti corazzati di Namur e Liegi rappresentò il campanello d'allarme, il segnale della fine di un'epoca. In effetti la tecnologia difensiva produrrà, tra le due guerre, la francese Linea Maginot, autentico capolavoro d'ingegneria militare, ma questa fu facile preda dei rapidi movimenti delle divisioni meccanizzate e dell'aviazione tedesca.

Scarsa fortuna ebbe pure il Vallo Atlantico voluto da Hitler per difendere la Francia occupata dai nazisti: lo piegarono le artiglierie navali, i bombardamenti terrestri e quelli aerei. E proprio l'aereo è diventato l'ultimo strumento operativo usato negli assedi, come mezzo di rifornimento e difesa. Nel conflitto vietnamita lo usarono i francesi a Dien Bien Phu nel 1954 e gli americani a Khe San nel 1968. Ai primi non evitò la sconfitta, mentre per i secondi si rivelò determinante fattore per rompere l'accerchiamento nemico.  

---------- Questo articolo è tratto da "All'assalto", di Massimo Ferrari e Alessandra Cattaneo, pubblicato su Focus 20. Leggi anche il nuovo numero di Focus Storia ora in edicola.

La vita straordinaria di Rita Levi-Montalcini, l'unica scienziata italiana premiata con il Nobel: dall'infanzia dorata alle leggi razziali, dagli studi in America ai legami con una famiglia molto unita, colta e piena di talenti. E ancora: l'impresa in Antartide di Ernest Shackleton; i referendum che hanno cambiato il corso della Storia; le prime case popolari del quartiere Fuggerei, ad Augusta; il mito, controverso, di Federico Barbarossa.

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