Shale-gas, questo misterioso – Infosec.news

2022-05-29 01:48:05 By : Mr. Win Chan

Il nostro maestro di Macchine, l’indimenticato Prof. Carmelo Caputo, iniziava il suo corso dall’energia del lavoro muscolare e animale. Quando ci laureò disse: “Ricordate che anche se coltiverete patate lo farete da ingegneri”.  Può darsi che i cupi tempi in arrivo a tanto ci porteranno ma l’idea che in ogni cosa ci sia un bilancio di energia non ti abbandona mai. Ora che l’energia scarseggia, parlarne richiede conoscenza (qualche) e reverenza (molta). Qualcuno invece con poca cautela ha tirato in ballo lo shale-gas quale rapido sostituto del russian gas. Allora vediamo.

Il gas da scisti rocciosi non è una novità. Lo si estrae da cent’anni, prima da fessurazioni naturali, poi a partire dal secondo dopoguerra con tecniche di frattura artificiale via via più sofisticate, via via più critiche per gli aumentati standard di sicurezza e di eco-sostenibilità. Un’autorità in campo energetico quale Daniel Yergin, deterministicamente convinto che l’energia sia l’ago della bilancia delle relazioni internazionali, non esita a porre le tecnologie estrattive americane come fattore chiave nel braccio di ferro a tre tra USA, Russia e Cina. La complessità del problema gas rasenta il paradossale: sia Russia che Cina posseggono potenzialità di shale-gas confrontabili, come vedremo, con quelle USA, e sicuramente hanno meno vincoli sul versante ecosistemico. 

Il suo punto però è che la sommatoria delle risorse fossili complessive (petrolio e gas di ogni origine) ha posto gli USA in testa alla classifica. L’onda lunga della dipendenza OPEC da neutralizzare ha portato gli USA a investimenti tali che oggi il 40% della loro produzione industriale è in quest’area. Gli USA fanno il 17% del petrolio mondiale, l’OPEC il 35%. Questo loro numero è eclatante, meno lo è il 24% di gas perché il restante 76% sta per lo più in mani meno gestibili. 

Piaccia o meno, gli USA sono corsi ai ripari per via autoctona, l’Europa ha messo in campo solo il nucleare ed è rimasta in balia della geopolitica per le importazioni. La corrente amministrazione americana, salutata come una “linea Maginot” contro la precedente, in virtù della sua immagine salvatrice ha potuto puntare sul fossile senza che i mainstreamer ambientalisti battessero ciglio. Le perplessità sullo shale che vedremo hanno riempito tomi su tomi ma oggi paiono archiviate a far polvere. L’America è molto gerarchica nel valutare le minacce e quelle del CO2 oggi non sono in prima fila. Inoltre, mentre in passato l’alto costo energetico costringeva l’industria a salti mortali di produttività per stare al passo, oggi l’automazione e la digitalizzazione sopperiscono e la questione energetica diviene prevalentemente un tema geopolitico: l’America può esportare e bloccare l’espansione russa. La guerra in Ucraina non si combatte forse (anche) su questo? Avesse ragione Yergin?

Lo shale gas è la miscela di gas, prevalentemente metano, intrappolato dentro le formazioni di scisti, rocce sedimentarie clastiche argillose con apporti di quarzo e calcite. Si ritrovano in sottili stratificazioni e sono del tutto comuni. Nel 2000, lo shale gas estratto contava per l’1% del gas naturale americano; già nel 2010 era il 20% e le previsioni governative dell’ Energy Information Administration (EIA) sono che nel 2035 si arriverà al 46% negli USA. Oggi hanno 35,000 pozzi attivi.

Come detto, agli inizi l’estrazione avveniva attraverso fortunati rinvenimenti di fessurazioni spontanee, finchè non arrivò la fratturazione idraulica, detta fracking. L’estrazione avviene in aree estese circa 3 km (questo è un tema caldo per l’occupazione e deturpazione paesaggistica, ricordiamocene, se mai mai, noi italiani ). Anticipando successive considerazioni, in Italia non se ne produce: si dice, ma per il vero non ci sono studi approfonditi, che non ci sono le rocce, si dice. L’Europa complessiva avrebbe a disposizione 14,400 miliardi di metri cubi di gas di scisto, a fronte di un consumo annuale di circa 500 miliardi di metri cubi di gas. Ricordiamoci poi che aldilà del potenziale stimato dei vari paesi, oggi solo USA, Canada e Cina hanno struttura commerciale globale.

Sempre lo United States Department of Energy di cui l’EIA è parte, stima infatti questi potenziali:

A detta dell’EIA, però, il potenziale europeo è in prospettiva quello da cui si attende più crescita e fin dal 2013 il Parlamento Europeo avrebbe preliminarmente sgombrato il terreno (il condizionale è d’obbligo) dal fatto che lo shale debba essere regolato nell’estrazione da cautele più stringenti di altre estrazioni. La solita distrazione ? Una precauzione contro gli ambientalisti nel caso che lo si importasse dagli USA? La schizofrenia che porta in tassonomia anche gas e nucleare?

Come funziona il fracking. All’inizio si trivella verticalmente per 1-3 km come un pozzo normale, sigillato (casing) per evitare fuoruscite di metano (imperatore dei gas serra) nell’atmosfera. Poi si vira di 90° e si prosegue in orizzontale iniettando a 6 kPa o 600 bar (le care atmosfere) un fluido di acqua e sabbia (99.5%) con additivi chimici per favorire la fratturazione meccanica lungo gli strati. Sono proprio questi additivi a preoccupare: 

La trivella incrocia vene d’acqua dolce, che può entrare in contatto con i fanghi di trivellazione, col fluido usato per il frackinge con lo stesso gas naturale, inquinandosi e portandosi via il metano disciolto e rilasciandolo poi dove non lo si vorrebbe. Stiamo parlando (e questo è un altro bel problema) di 20 milioni di litri di acqua per pozzo e per scavo (il consumo quotidiano di una città di 100,000 ab.). Solo il 50-70% dell’acqua potenzialmente contaminata viene segregata nel processo, il resto rimane sotto superficie e può ridiscendere alla falda. Va detto che stiamo parlando di 500-1000 lt / MWh contro i 2-4000 del carbone. L’alternativa, più costosa, è non usare additivi chimici ma solo propano liquefatto. La decisione, fortemente supportata dall’amministrazione Bush jr. e segnatamente dal VP Dick Cheney di tenere esente il fracking  dal Safe Drinking Water Act nell’Energy Policy Act del 2005 innervosisce tuttora gli oppositori.

I terremoti. Come se in Italia ne sentissimo il bisogno … E’ considerato fisiologico  che eventi microsismici accompagnino la trivellazione, anzi data la loro minima entità sono usati come segnalatori dell’avanzamento. Furono riportati dallo United States Geological Survey 109 piccoli terremoti tra 0.4 e 3.9 di magnitudo in 12 mesi fra 2011 e 2012 (1 appunto di 3.9 e 12 superiori a 1.8) in zone fracking.

L’estrazione può alterare più o meno temporaneamente i paesaggi rurali e montani. Una piattaforma di perforazione orizzontale di un paio di ettari può estrarre gas da un’area sotterranea di 200 volte tanto, si ribatte, e l’impatto del gas naturale sui paesaggi è  minore e di durata inferiore rispetto all’impatto delle turbine eoliche. L’impronta di una torre di gas di scisto (1.5 – 2 ettari) è leggermente più grande dell’area terrestre necessaria per una singola turbina eolica ma richiede meno cemento, è alta un terzo ed è presente per soli 30 giorni invece di 20-30 anni, dopo 7 – 15 settimane per impostare la piattaforma di perforazione e completare l’effettiva frattura idraulica. A quel punto, la piattaforma di perforazione viene rimossa, lasciando un’unica testa di pozzo delle dimensioni di un garage che rimane per tutta la vita del pozzo.

Tuttora ci sono solo alcuni benchmark in UK verso il petrolio del Mare del Nord (non favorevoli allo shale) e molti verso carbone in USA. Quello che manca è il benchmark verso gas naturale tradizionale via tubo e rigassificato, almeno non consta. Prima di averlo è meglio usare prudenza. Ricordiamoci poi che la tutela ambientale ora è in Costituzione. Partiamo a discutere di shale gas, come per il nucleare, come per il prezzo dell’acqua, e senza sapere se lo abbiamo? Così poi magari lo dobbiamo comprare liquefatto perché ci siamo sbilanciati? Con i soliti no questo, no quello, via l’acciaio e alleviamo le cozze? E poi cominciamo con i gerundi? Stiamo facendo, stiamo studiando, stiamo predisponendo… Faccio da un pezzo qui la parte di Cassandra. Portava sfiga ma comunque Troia cadde, attenzione.

Preveniamo infine chi volesse parlare di gassificazione del carbone (UCG): si tratta di una tecnica che inietta ossidanti e vapor d’acqua e che ha tutte le controindicazioni dello shale più il fatto che con il metano escono idrogeno, CO (letale) e CO2. Si usa solo per giacimenti di carbone già sfruttati, disgraziati e poco accessibili.

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